Marta de Vivo

MARTA DE VIVO: QUELLO CHE CONDIVIDO.

Consulente di comunicazione e giornalista.

Intervista di: Valentina Maran.

Quante volte avete letto quei post motivazionali con la foto del branco di lupi?
E quella roba tipo “l’unico che si ricorderà di quante volte facevi tardi in ufficio è tuo figlio”? E ancora: quanti tips, carousel ed elenchi a punti più o meno impaginati avete scorso con scritte delle ovvietà che non vi hanno cambiato la vita, eppure la gente va avanti a pubblicarli?
Siamo oberati da questo cicaleccio di fondo, da questo rumore cognitivo che affossa la nostra timeline e che spolliciamo senza soluzione di continuità.
Spesso mi domando: ma è davvero necessario? Ma servono davvero tutti questi contenuti? Non sono troppi?

Curo poco i miei social e posto con molta moderazione. Scrivo solo quando penso di avere davvero qualcosa da dire e, giuro, mi stanco anche solo a pensare di usare più di un paio di canali di comunicazione.
Invece c’è una generazione che si trova perfettamente a proprio agio in questa fluidità di piattaforme. Ho incontrato una di loro – Marta De Vivo – che ha fatto di questa presenza online e del suo talento nello scrivere, una professione.
Dal suo profilo vedo una quantità infinita di canali, e di associazioni di cui fa parte.
Allora mi faccio raccontare del suo percorso:
È stata una cosa abbastanza spontanea – mi dice – non è stata una cosa che ho fatto per necessità: ho sempre avuto una grande passione per la scrittura, così al liceo ho cominciato a scrivere come ghostwriter per dei giornali e poi da lì non ho più smesso di scrivere. Nel 2019 ho aperto un profilo Instagram che si chiama Martaforfew, il ‘per pochi’ nasce dal fatto che fosse un profilo chiuso, nato proprio per essere uno spazio nel quale provavo a condividere la mia visione del mondo con le persone che conoscevo. Proponevo delle mie analisi – sempre se possiamo considerare analisi quelle di una diciottenne! (Ride) – Sentivo di non avere spazi, avevo l’esigenza di ritagliarmi un luogo dove poter scrivere quello che sentivo dentro. Poi quando le persone che mi seguivano hanno cominciato a farmi delle domande sulle cose che pubblicavo, per la prima volta mi sono resa conto che le cose che scrivevo potevano avere un peso – prima non avevo mai pensato che i miei pensieri potessero risultare interessanti per qualcuno. Da quel momento in poi ho reso il profilo pubblico e da lì sono arrivate anche le testate nazionali. Non ero giornalista al tempo. Lo sono diventata da poco, c’è stato un percorso prima da seguire. Scrivo più o meno da 5 anni, per iscriversi all’ordine dei giornalisti pubblicisti ce ne vogliono due, sotto contratto, terminati questi devi fare un esame e anche se lo passi non è comunque detto che la tua domanda venga accolta, io per fortuna sono diventata giornalista. Oltre a ciò mi occupo anche di digital strategy, lavoro con enti e fondazioni.

Tre progetti per migliorare il futuro
Chiedo a Marta della gran quantità di progetti e associazioni che vedo citate nella sua bio di Instagram e che la vedono o l’hanno vista protagonista. Sono tre progetti diversi che Marta ricollega a tre momenti diversi nella sua vita.

L’associazione studentesca Studenteinmovimento l’ho fondata quando ero in terza superiore.
L’intento iniziale era quello di rivoluzionare la scuola, che ovviamente è un’impresa molto ardua. Ho sempre ritenuto che il sistema scolastico fosse molto obsoleto.
Nonostante io abbia frequentato delle scuole private inglesi e possa considerarmi una privilegiata, mi rendevo comunque conto che ci fossero tante cose che proprio non funzionavano e da qui l’esigenza di voler cambiare il modo di fare scuola. Avevo riunito tantissimi studenti che venivano da tutte le tipologie di scuola: scuole private, scuole paritarie, scuole pubbliche, istituti, licei… avevamo cercato di diversificare il più possibile per portare avanti delle proposte concrete.
Poi da lì siamo entrati nella Rete Giovani che era stata fondata nel 2020, quando c’è stata la notizia dell’arrivo del PNRR, ci eravamo fatti anche noi da intermediari con il governo.
Terminate le superiori l’associazione è passata a chi ora sta studiando.

With Afghan Women è nata nel 2021, a seguito della presa di Kabul. L’ho fondata con la manager Veronica Civiero. Purtroppo, la situazione là è ancora molto tesa. Il movimento è nato per creare una rete tra le donne che erano in Afghanistan e quelle che risiedevano in Italia per mandare aiuti umanitari, e magari supportarle nell’espatriare. Avevamo creato anche un team di legali per aiutarle a scappare. Abbiamo poi costruito un servizio pubblico di informazione tramite i social per dare spazio alla voce di chi era lì per capire come stavano evolvendo le cose.

Il terzo progetto ha uno scopo imprenditoriale.
Earendel Next è un incubatore aperto agli under 30 (e non solo) che nasce con l’intento di raccontare come si può costruire una propria realtà già quando si è giovani. Stiamo organizzando degli incontri, anche virtuali, con vari player del mercato e cerchiamo di mettere in contatto i ragazzi con gli imprenditori e imprenditrici per fare brainstorming e far in modo che abbiano accesso a contatti e opportunità che da soli non riuscirebbero a raggiungere con la stessa facilità.

Social: esporsi, ma non troppo.
Marta è ovunque e – come diremmo noi boomer “è presente con qualità”: ha un blog, Instagram, Youtube, e anche un podcast.
Mi racconta che usa tutti i canali che le permettono di sperimentare: lei è cresciuta, il suo punto di vista nel tempo è cambiato e così anche i suoi contenuti, che evolvono con lei.
Come il suo nuovo podcast che si chiama “In volo” nato per raccontare storie di persone e di vita, che ha come ‘sfida’ quella di decifrare le nostre emozioni. Marta mi confessa che nell’ultimo anno è molto cambiata ed è molto cambiata anche la sua percezione delle cose. È molto sensibile alla sua posizione, al personaggio che è, sa perfettamente cosa può diventare un trend e cosa no, ma attualmente quello che “può funzionare” online, quello che va forte oggi, non rappresenta la sua persona e non avrebbe senso per lei fare delle cose solo per andare virale. Vuole esserci con dei contenuti che per lei abbiano un senso.

Le chiedo qual è il media che al momento le sta dando il giusto spazio, quello che sente più suo.
Ho sempre usato tantissimo Instagram, che è anche il social dove sono più seguita, mi ha dato delle opportunità e sarei assolutamente ipocrita a dire che non lo riconosco. Però c’è un’aggressività di fondo dalla quale preferisco allontanarmi, non amo surfare sull’onda degli argomenti facili, stare simpatica a tutti, fare “la piacciona”, non lo faccio nella vita reale, non vedo perché dovrei farlo online. Mi piace essere presa per quello che sono, magari un po’ sfacciata delle volte, di sicuro potrei essere più delicata ma sto imparando e mi sembra di essere già migliorata in questo senso rispetto a prima. Il focus per me non è tanto la piattaforma che usi ma quello che comunichi, quanto sei fedele a te stesso.

Marta mi racconta quanto tempo dedica quotidianamente alla produzione di tutti i contenuti:
Considerando anche gli articoli per le tesate- penso almeno due ore al giorno più o meno. Faccio anche consulenza di comunicazione, quello mi prende molto tempo. Lavoro con fondazioni, enti pubblici e privati. Mi chiamano per fare la strategia comunicativa, trovo le persone se devono fare una campagna influencer, le contatto, faccio il piano editoriale, storytelling ecc.

Faccio a Marta la classica domanda generazionale: le chiedo cosa c’è che quelli della mia generazione assolutamente non stanno capendo della sua.
Si dimenticano che anche loro sono stati così, alla fine cambiano i tempi, cambiano i mezzi però alla fine lo stadio di crescita è quello.
Ci si dimentica che le persone più grandi sono state nella nostra identica situazione.

È un mondo molto più complesso rispetto a quello della generazione di chi era adolescente negli anni ‘80 ad esempio, è più difficile, quindi la condizione sociale nella quale un giovane cresce porta più ansia rispetto a quella che potevano avere i miei genitori quando avevano vent’anni. Il mondo si è evoluto velocemente ed è tutto più articolato, questa complessità i giovani la avvertono e quindi sono più preoccupati per il loro futuro. Secondo me per capirci basterebbe ricordarsi delle paure che avevate anche voi a vent’anni, ecco sono le nostre, forse oggi noi le sentiamo di più perché siamo più interconnessi con l’esterno. Basterebbe solo un po’ di umanità in più per capirci.

I pericoli dei social

Quella di Marta è una generazione sovraesposta proprio per il flusso in cui sono immersi, chiedo se sia sfibrante, a un certo punto, perché c’è anche tanto a livello personale.

Oggi il comunicatore, che sia giornalista o scrittore, se non racconta una parte di sé, viene considerato di meno perché è tutto molto “più personale” rispetto ad una volta, ma questo sia a livello giornalistico, sia a livello politico. Se tu pensi che ormai non esistono più i partiti – ormai sono tutti dei personal brand. Se fai un lavoro comunicativo, che sia il giornalista, il politico, l’intellettuale, lo scrittore, devi avere anche una componente personale, altrimenti le persone non si fidelizzano, non ti seguono, non ti votano, non ti leggono. Persino le persone che prima non avevano nessun interesse a farlo, stanno cominciando a creare una loro narrativa, che magari delle volte neanche corrisponde al vero (e questo è sbagliato) per restare, diciamo “al passo”. Io ho molto chiaro in mente qual è il mio limite, tutto quello che ho condiviso, l’ho sempre condiviso perché mi sentivo profondamente di farlo. Non sono una che vive di condivisione, ci sono molte cose di me stessa che non ho mai dato in pasto al web e che non darò mai in pasto, perché sono cose mie. Non vivo in funzione del racconto social. Tuttavia mi rendo conto che ci siano delle persone che magari possono venire abbindolate, magari dall’influencer di turno, guardando stili di vita mostrati sui social che poi non rispecchiano la realtà, questo può influenzare le aspettative dei giovani, sulla vita e sul loro aspetto fisico. In Francia stanno un po’ regolamentando la cosa e sono d’accordo, ci dovrebbero essere delle leggi in tutta Europa: le criticità esistono e sono reali.

Questo è il sunto della bella chiacchierata con Marta. Non so dove ci porterà tutta questa sovraesposizione. Ma una cosa è certa: i giovani come lei surfano tra contenuti e canali con consapevolezza, navigando molto meno a vista di noi.
Probabilmente hanno ragione loro che guardano con convinzione a quell’orizzonte, non noi che ci aspettiamo ogni momento di poter urlare “terraaaaaa!”. Perché tanto non c’è.

Valentina maran

Valentina Maran