Cristina Cerri

CRISTINA CERRI: UN BICCHIERE COLMO D'ELEGANZA

Co-owner di Tenuta Travaglino.

Intervista di: Valentina Maran.

Sono una bevitrice ignorante. Da anni mi riprometto di fare un corso di degustazione almeno per poter annuire felice mentre faccio girare il vino nel bicchiere, ma a poco sono valsi i miei progetti: resto una che si scola un bicchiere (probabilmente pessimo) mentre prepara la cena.
Questo mi porta a invidiare da morire chi ne capisce qualcosa, e ancor di più, a guardare con ammirazione chiunque produca vino e ne faccia la base del proprio business.
Conosco cantine e filiere perché nella mia agenzia ci siamo occupati della comunicazione di alcuni vini, e quello che mi ha incuriosito nel poter intervistare Cristina Cerri della tenuta Travaglino è proprio il comprendere com’è possibile fare innovazione in un ambito come questo.
Ma preferisco fare come si fa con una buona bottiglia: prima si stappa, si versa, si osserva il colore, poi si annusa per comprenderne le note olfattive e iniziare a farsi un’idea con gli altri sensi, prima ancora di degustare.
Con Cristina ho fatto così: l’ho presa alla larga e mi sono fatta raccontare passo passo la sua storia, prima di assaporare il cambiamento che ha generato col fratello in questi anni di evoluzione dell’azienda.
Ma conosciamola meglio: Cristina Cerri nasce a Milano, studia economia e fa esperienza tre semestri all’estero: gira Australia, Hong Kong e Madrid. Una volta laureata comincia a lavorare in finanza, ma il mondo dei numeri e dei dati le suona troppo astratto.
Decide allora di spostarsi nella tenuta di Travaglino quando comprende che non è solo la casa di campagna dove c’era il nonno, ma è una realtà strettamente legata al territorio.
L’approccia in modo oggettivo: per comprendere Travaglino si mette a studiare il luogo e qui, mi racconta, le si apre un mondo pazzesco.
L’Oltrepò Pavese sulle cartine geografiche somiglia a un grappolo d’uva. Dalla forma si capisce il core business – mi dice – racchiude 13.500 ettari vitati. Per darti un’idea, il Franciacorta in totale sono 3.000, il Gavi sono 2.000, noi 13.500 ettari di cui 3.300 solo di Pinot Nero, facendo diventare l’Oltrepò Pavese la prima in Italia e la terza al mondo per coltivazione di Pinot Nero, uno dei vitigni più nobili, che ti permette di essere lavorato in tantissime varianti diverse: spumante bianco, rosa, rosso chiaro, più intenso.
Si presta a tante tipologie diverse pur essendo un’uva molto delicata.

Cristina mi cita un primato del Pinot Nero: questo è il territorio dove è nata la prima bollicina metodo classico in Italia di Pinot Nero, nel 1865.

Travaglino: la boutique della qualità
Cristina si rende conto presto dello straordinario potenziale di questo territorio a livello viti-vinicolo: la posizione strategica a un’ora da Milano; Piacenza, Genova e Torino tutte molto vicine… sono città con la capacità di spesa maggiore in Italia, di conseguenza tutto l’enoturismo non può che essere un volano fondamentale per lo sviluppo di questo territorio.
Travaglino in questo territorio rappresenta una delle cantine più storiche, perché è della mia famiglia dal 1868 ma è un ex monastero del 1100, quindi a livello di struttura è una delle più antiche storicamente ed è la seconda realtà privata più grande per estensione: abbiamo tante terre, ma la produzione è piccola e lo sarà sempre perché siamo una boutique focalizzata sulla qualità.

Ho l’impressione che spesso chi faccia vino non si possa più limitare a fare solo quello. Le chiedo se la mia percezione è corretta.
La nostra è una struttura che si presta ad essere visitata, – mi dice Cristina – oltre alla parte vino, anche la location è proprio affascinante: per noi che facciamo qualità è fondamentale essere aperti ad istruire i wine lovers. Siamo in un paesino, Calvignano, che è un borgo aperto molto bello; Travaglino è un ex monastero del 1100. Ci piace mostrare agli ospiti le fatiche che ci sono dietro ad una bottiglia di vino e le innumerevoli differenze di produzione.
Se vuoi la qualità ci sono tanti sacrifici da fare e l’unica maniera per farli percepire è raccontarli, farli vedere, toccarli con mano. La porta della cantina è aperta, noi diciamo “venite a vedere come lavoriamo”.

Ovviamente noi siamo produttori, viticoltori, quindi noi seguiamo tutta la filiera dalla terra alla bottiglia, tutte le uve che usiamo sono nostre, facciamo tutto qui.
Non usiamo tutte le uve che abbiamo, con i nostri 80 ettari potremmo produrre molto di più, in realtà produciamo intorno alle 200 mila bottiglie – le uve che non usiamo le vendiamo ad altri, non trattiamo vino sfuso.
È proprio una boutique di qualità.

La tradizione si custodisce innovando
Dai racconti di Cristina ho l’impressione che il monastero, la cantina e tutto l’ecosistema ambientale e sociale graviti attorno a Travaglino come una sola cosa.
Abbiamo creato un progetto di valorizzazione dei nostri 400 ettari a corpo unico – prosegue lei – l’attività del vino è la parte principale, ma abbiamo messo in atto un progetto per rianimare il bosco, mantenerlo. Io e mio fratello siamo la 5° generazione: ci sentiamo un po’ dei custodi. Oggi ci siamo noi ma il nostro compito è mantenere, valorizzare per portare avanti l’attività. All’interno della tenuta vivono ancora le persone che collaborano con noi con le loro famiglie, ci hanno visti nascere, alcuni di loro sono nati qui dentro. Tutto questo rende Travaglino un posto unico, sia per storie che per posto.

Chiedo a Cristina come si fa innovazione nel vino, se è possibile e se ci si riesce. Mi sembra un prodotto talmente tanto storico, per la lavorazione, il principio, la cultura che c’è dietro, che ho quasi l’impressione che sia difficoltoso “toccarlo”.

L’innovazione io la vedo nella ricerca – continua Cristina – la ricerca non ha mai fine, non smetti mai di fare sempre meglio, non smetti mai di analizzare l’appezzamento migliore per quel tipo di vino, il legno migliore. Per esempio ora lavoriamo il Pinot Nero in quattro spumanti metodo classico e in due rossi. Tutta la nostra gamma è a denominazione, le bolle sono DOCG, e i vini fermi sono DOC, che è la massima denominazione che esiste in questo territorio.
Per il Pinot Nero abbiamo appena investito in due vasche che ci permettono la vinificazione da rosso direttamente con grappoli interi. La tannicità del Pinot Nero non è una cosa piacevole e, arriva dai vinaccioli, i semini che sono dentro l’acino. Queste vasche ci permettono di inserire, o meglio, colmare nella vasca metà mosto e metà col grappolo intero. In questa metà con il grappolo intero i vinaccioli e i tannini che sono all’interno, fuoriescono con molta più difficoltà; questo significa che la massa totale sarà meno tannica e il risultato è un Pinot Nero molto più vellutato, più elegante, più piacevole.

L’anno scorso abbiamo introdotto una nuova vasca per la pigia della raspatura, per staccare gli acini dai raspi: generalmente la vasca ha all’interno una spirale che divide acini e raspi, però tagliuzza un po’ sia il raspo, sia le foglie.
Non si ottiene quindi un mosto limpido perché qualche residuo rimane.
A Travaglino abbiamo investito in una vasca che lavora solo sulla vibrazione; questa tecnologia particolare stacca perfettamente l’acino dal raspo e dalle foglie; così facendo non hai nessun tipo di interferenza, vai a prendere solo gli acini.
Noi siamo anche un po’ malati su questo raggiungimento all’assoluta qualità: abbiamo in consulenza l’enologo Donato Lanati, che è il fondatore del centro di ricerca enologica applicata al vino che si chiama Enosis Meraviglia. È una clinica del vino, fa impressione, lui ha tutti macchinari per fare le analisi dall’acino fino alla bottiglia in cantina da 20 anni. Il nostro enologo interno, Achille Bergami, era suo allievo, quindi noi non agiamo se non abbiamo le analisi.
I nostri vini sono oggettivamente sempre in equilibrio perché le analisi lo attestano e cerchiamo di avere qualità e costanza tra un’annata e l’altra.

A Travaglino l’attenzione all’ambiente è palpabile
Lavoriamo secondo i principi della lotta integrata – mi spiega Cristina – quindi rendiamo al minimo i trattamenti, poi se servono si fanno ma veramente con il buonsenso, io non sono per quelle certificazioni di marketing se poi alla fine hai le contaminazioni accanto.
Se serve si dà, se si può evitare ben venga, sia per la natura che per le persone.
L’identità di Travaglino è storica, elegante, preso nel termine ampio del significato perché vogliamo eleganza nel vino, vogliamo eleganza nel come riceviamo, nel come teniamo l’ambiente.
Eleganza e qualità per me sono la stessa cosa: c’è un focus su un’idea chiara anche di dove sta puntando questa azienda e di dove vuole arrivare – Vogliamo essere una garanzia di qualità di star bene, di piacere.
Stiamo investendo sempre di più sull’enoturismo, quindi stiamo aprendo le porte anche a eventi legati al vino ma anche corporate, team building, conferenze aziendali, abbiamo la fortuna di avere gli spazi, bella location nella natura a un passo da Milano, e per una semplice gita fuori porta.

Quello che non vi ho detto è che la videocall con Cristina si è tenuta nella sua cantina: mi ha spiegato che quello era il luogo più tranquillo dove poter chiacchierare e raccontare.
Ci siamo salutate lì, con la promessa di vederci di persona appena possibile.
Se è vero che ho trattato questa intervista come una buona bottiglia di vino, devo dire che è stato bello conoscere tutti i colori e i sapori di Travaglino.
E come si fa con il buon vino, questo è il momento in cui si versa e si condivide con tutti gli altri.
Prosit!

VALENTINA MARAN

Valentina Maran