Roberto Bonzio, Italiani di Frontiera

Roberto Bonzio: il cantore delle storie che ispirano.

Roberto Bonzio, Founder Italiani di Frontiera

Intervista di: Valentina Maran

Avete presente quella vignetta che si vede ogni tanto online dove c’è una specie di “confronto grafico” tra il modo di risolvere i problemi degli italiani rispetto agli altri?

Americani, inglesi, francesi e tedeschi sono raffigurati con una linea retta che va al dunque, mentre il pensiero italiano arriva al dunque ma dopo aver fatto il giro in una grande matassa.

Ecco, seguire il pensiero di Roberto Bonzio, “giornalista curioso” storyteller creativo di Italiani di Frontiera, è trovarsi di fronte a quella matassa pazzesca di pensieri.

Roberto è l’esempio umano di come questo pensiero estremamente dinamico, mobile e agile possa rimbalzare apparentemente in modo compulsivo da un input a un altro, per poi arrivare a una conclusione che lascia senza fiato.

La chiacchierata con lui è durata circa un’ora, ma, per sua stessa ammissione, sarebbe potuta continuare senza problemi ben oltre.

Roberto è prima di tutto un narratore, un rabdomante delle storie belle accadute agli altri.

Parlare con lui significa finire frastornati da storie di ingegno e creatività contemporanee e meno, che approdano sempre alla genialità umana, ma ancor di più alla creatività tutta italiana.

Mi piacerebbe poter dire “andiamo con ordine”, ma con Roberto non funziona così.

Gli chiedo di Italiani di Frontiera, il suo portale dove racconta i suoi vari progetti sia da performer che da giornalista e gli chiedo com’è nato tutto.

È importante andare per disordine – mi dice – perché un po’ tutto lo sviluppo del mio progetto è diventato inaspettatamente un’indagine sul talento italiano e la sua complessità. La quantità di informazioni che ci travolgono tutti i giorni, 24 ore al giorno, è tanta e quindi non possiamo procedere più come prima, non possiamo né sintetizzarla né avere una visione d’insieme, è un’onda che ci travolge, ma può diventare qualcosa che ci fa volare se la cavalchiamo di traverso.

Io sono “cintura nera di CDC” – Collegamenti Del Cavolo: andare di traverso, metafora del pensiero laterale, stabilendo collegamenti eccentrici ti fa trovare in quella valanga di informazioni qualcosa che il pensiero lineare non vede. E il surf per andare di traverso si chiama Curiosità.

Queste connessioni, questi salti che all’apparenza non c’entrano niente, catturano invece un significato diverso. Dopo tutto, io sto facendo un’inchiesta anomala sul talento italiano che inaspettatamente ha svelato cosa abbiamo di particolare noi italiani, che magari all’estero esplode, viene apprezzato ed esaltato, mentre in Italia viene spesso mortificato: la capacità di uscire dagli schemi e combinare competenze diverse, sempre più importante per affrontare una realtà sempre più complessa.

Roberto mi racconta che l’incipit di tutto è stato un progetto andato storto: era giornalista dell’agenzia internazionale Reuters ma aveva pianificato di fare un anno alla Stanford University con la famiglia – una borsa di studio a cui si era candidato e pareva cosa fatta. Raccomandazioni, pianificazioni, curriculum, motivazioni… aveva messo tutto in linea ma alla fine non era stato scelto.

Che fare? Lasciar perdere? Ha pensato di andarci comunque, di tasca propria, portando con sé moglie e figli all’epoca teenagers, anche un investimento sul loro futuro studiando in una High School californiana, per sei mesi che sarebbero stati davvero incredibili. Ed è partito, con famiglia da Sesto San Giovanni (che chiama ironicamente Sixth Saint John…) a Palo Alto, nel cuore di Silicon Valley.

In Roberto, questo viaggio e i successi del suo progetto hanno rafforzato la consapevolezza del talento italiano.

Mi racconta: “Mosso solo dalla curiosità sono diventato amico di personaggi straordinari. Veterani che erano lì da più di 30 anni arrivati con Olivetti, molti startupper di nemmeno 30 anni… mille storie che oltre a far capire le dinamiche della Silicon Valley, hanno svelato a sorpresa i segreti del talento italiano, che ci portiamo all’estero. E cioè la capacità di combinare competenze diverse, grazie a profondità di storia e cultura che abbiamo alle spalle e che ci aiutano a comprendere aspetti diversi di un problema, incrociando tecnologia e scienza, cultura umanistica e risvolti etici. Sappiamo trovare soluzioni inedite, mentre altri sono più bravi magari a sviluppare business.

Mentore principale del mio lavoro è stato Federico Faggin, il più importante inventore italiano vivente, che dopo aver firmato il primo microprocessore e inventato (lui non Apple!) la tecnologia touch, ora sta sviluppando un percorso inedito fra tecnologia e spiritualità”. 

“Se penso a come ho disegnato quasi interamente a mano e da solo il primo microprocessore – mi ha detto qualche anno fa Federico – in quel disegno ci trovo una bellezza estetica. Ho capito poi che esser nato e vissuto nella città del neoclassicismo, di Palladio, Vicenza, mi aveva lasciato qualcosa del tutto inconsapevole: dare un’armonia estetica alla risoluzione di un problema tecnico complesso”.

La sindrome del Palio di Siena

Ma il lavoro di Roberto, oltre a sottolineare i pregi del nostro talento, individua pure gli ostacoli che lo mortificano in patria. Definiti con metafore ironiche, come la “Sindrome del Palio di Siena”: una conflittualità assurda che si realizza nel far perdere gli altri: “Sono contento di perdere purché tu perda”.

C’è un antidoto, gli chiedo?

Il primo passo è la consapevolezza: mi sono reso conto che la cosa più importante è prima di tutto liberare dalle zavorre il talento degli altri. Io cerco di farlo raccontando e incrociando storie. Tutti noi siamo bloccati e frenati da stereotipi e luoghi comuni, liberare questo potenziale ha risultati sorprendenti”.

Mi sembra di capire che la sua maggior propensione sia quella di trovare fonte di ispirazione o di ispirare gli altri.

Mi conferma che è così: “Ho visto quale impatto emotivo riuscivo ad innescare e di fatto mi sento più giornalista di prima. Ovviamente scrivo ancora, ma il mio lavoro è soprattutto raccontare dal vivo: quando porto le persone in California con gli Italiani di Frontiera Silicon Valley Tour (il prossimo in autunno 2023) faccio conoscere persone fantastiche, speaker che ti aprono la mente, una dozzina di incontri in sei giorni. Ma inizio i nostri viaggi, bombardando i partecipanti con racconti, personaggi, intrecci, per comprendere le matrici culturali di Silicon Valley, senza le quali non si capisce questo territorio. Corsa all’Oro e Far West alla base della nascita di San Francisco, poi la controcultura californiana, che nel dopoguerra ha fatto della città il punto di arrivo di tanti giovani irrequieti. Beat Generation e movimento Hippie prima, New Age, ambientalismo, religioni orientali poi… tutti ingredienti che hanno propiziato la nascita della New Economy”.

Ho l’impressione che noi italiani non siamo consci di questa meravigliosa dote che Roberto ci riconosce. Gli domando perché non ce ne accorgiamo in patria.

Credo che in Italia ci sia consapevolezza della nostra creatività, forse non del fatto che sia frutto di un incrocio di culture di quanto sia importante questa dote oggi a livello globale, in un mondo sempre più complesso. Purtroppo, per molti l’idea di un Paese creativo che tutti invidiano per gastronomia, bellezze naturali e artistiche si traduce in un ottuso senso di superiorità e sufficienza, curiosamente abbinato all’abitudine a denigrarlo, questo Paese. Andare all’estero ci aiuta a capire invece il valore di quel che abbiamo ma anche le cattive abitudini di cui liberarsi”.

La curiosità della vita degli altri

A questo punto cerco di capire come faccia Roberto a incappare in tutte queste storie.

Senza curiosità non si fanno scoperte, quando ti messi su questa strada invece sembra che siano le storie e i personaggi a cercarti, a caderti addosso…”.

La lunga chiacchierata si chiude con un aneddoto che trovo tenero, nella sua semplicità, eppure così vivido.

Mi racconta di suo padre, cronista a Mestre, sua città natale, che gli ha dedicato una piazzetta.

Da bambino mio papà mi portava a fare il giro di cronaca con lui la domenica. Si entrava nella caserma dei carabinieri, nel commissariato di polizia o dalla polizia stradale.

La mattina non c’era quasi nessuno, luoghi carichi di suggestione, per un bambino. Un giorno nella caserma dei carabinieri, ha fatto aprire lo spioncino di una camera di sicurezza, mi ha preso in braccio facendomi guardare dentro. C’era un uomo cicciottello seduto su un tavolaccio che si stava infilando i calzini.

Ho scoperto poi che a tre anni avevo visto un personaggio storico, un celebre criminale degli anni Cinquanta, considerato il bandito Giuliano della Val Padana: Adriano Toninato. Secondo me quello è stato un imprinting: cogliere il dettaglio di un piccolo aspetto di quotidianità, dietro a un personaggio della cronaca.

Ecco, mi è sempre rimasta la curiosità per le storie delle persone, le verità oltre ai risvolti per cui alcuni sono diventati famosi.

Se dovesse capitarvi, vi invito ad andare ad ascoltare uno degli interventi Italiani di Frontiera di Roberto: fatevi travolgere dal caos, perdetevi in questa matassa di connessioni apparentemente senza un filo conduttore, capaci però di tessere una trama fitta di motivazioni e soprattutto di ispirazione.

Scoprirete che questa sua rete è un tappeto elastico che fa fare salti altissimi.

Basta buttarsi.

Valentina Maran

Valentina Maran