Fabiana Andreani, FDO Blog, intervista

Fabiana Andreani: i curriculum alla velocità di TikTok

Fabiana Andreani, Career Mentor, Senior Training Manager e Influencer

Intervista di: Valentina Maran

L’intervista a Fabiana Andreani ha la stessa velocità dei suoi TikTok: asciutti, coincisi, schietti. Fabiana non tradisce una parola in più del necessario.
Il suo è proprio un mood che la rende riconoscibile anche sui suoi canali.

Ho insistito per una videocall anziché per una chiacchiera al telefono perché ci tenevo tantissimo a vedere in diretta i suoi cappelli azzurri e, confermo, sono davvero divertenti.
Fabiana è una manager che ha deciso di fare consulenza e di diventare il punto di riferimento sia per le giovani leve al di sotto dei 35 anni- come dichiara lei sul suo sito, sia per le aziende che stanno scegliendo con chi collaborare.
Lei veglia sulla terra di mezzo, quella dove domanda e richiesta si incontrano e dove matchare i talenti è importante.

Le dico subito che, in mezzo a una foto di un evento, l’ho individuata subito grazie ai suoi strani capelli.
Sono riconoscibile, mi dice, mi piacciono perché sono comunque ordinati, in un contesto complessivo della persona noti i capelli blu – in realtà sono una persona ordinata con un certo stile.

Le dico che la caratterizzano molto come influencer, anzi, le chiedo se posso definirla influencer.
Mi dice che non è un insulto anzi è il lavoro che svolge. I capelli sono diventati un suo marchio, un brand, qualcosa che la rende riconoscibile per chi scorre velocemente su TikTok. Ma è anche vero che si ricordano di lei come “quella dei video del curriculum”, e la cosa è lampante quando la incontrano.

Ho letto che si concentra sugli under 35 come tipo di attività. Come mai questa scelta?
È una scelta in realtà professionale perché io mi sono sempre interfacciata con quella fascia di età, mi spiega, venendo poi dalla formazione post laurea, dal mondo dei master, la mia modalità di comunicazione, di comprensione riguarda quelli che possono essere i problemi di questo target. In più diciamo che faccio anche tesoro di un percorso non lineare che mi caratterizza, dal dottorato di ricerche in linguistica, dal lavoro in azienda, passando adesso alla libera professione.

TikTok e i video brevi del curriculum.
Fabiana ha un successo pazzesco e pare proprio aver trovato in TikTok il suo canale di elezione. Mi spiega che i video brevi sono la sua modalità di comunicazione: nel corso della carriera si è settata per parlare con persone giovani, senza un’esperienza lavorativa: quando lo fai devi essere concreta, farti capire, andare al nocciolo.

Le è venuto naturale: c’era già una sua personale voglia di esporsi.
Fabiana non è una persona che sente il peso della critica.
Sono sempre stata giocosa, mi dice, sopra le righe e questo anche ha voluto dire che stare davanti ad una camera. Ho visto che in realtà le persone non stanno lì a giudicarti, anzi stanno lì a capire se possono prendere qualcosa di utile per loro.

È un’esperienza che ha finalizzato a forza di parlare nelle aule di maser e agli open day, migliorando di continuo la tecnica: scandire le parole, evitare di gesticolare, usare delle frasi tipo alla fine dei video hanno aiutato a creare il “mood Fabiana”.

Le chiedo della sua community, che ha davvero dei numeri importanti: come la gestisce?
Da sola. Chiaro: non è il pronto soccorso, se dovessi rispondere a tutti non farei altro, però rispondo, cerco di ascoltare, parlo con le persone. Quello è il bello del mio canale, le persone sanno di trovare qualcuno che li ascolta, non si pone sul piedistallo, anche perché quando parli di lavoro non puoi proporti come quella che ce l’ha fatta, non puoi nemmeno andare lì e cercare solamente la polemica perché non aggiungi valore. Essenzialmente cerco di dare contenuti di valore, ascoltare quello che la mia community mi chiede e dare una chiave di lettura positiva, che non vuol dire edulcorata o motivazionale, vuol dire concreta.
Soprattutto quando ho iniziato io all’inizio della pandemia sembrava che il mondo andasse a scatafascio, quindi immaginavo un ragazzo che si interfacciasse in quel momento ai colloqui: era la fine del mondo!

Le capita anche di parlare di società e di promuovere corsi.
C’è sempre un fattore di responsabilità perché comunque ci metto la faccia se c’è qualcosa che non mi convince, che non mi torna o comunque le informazioni non sono adeguate, io non ti promuovo, non mi interessa, non è una questione economica. Diciamo che dall’altra parte cerco di dare voce a quelle soluzioni che possano abbracciare più persone possibili: lavoro molto bene quando devo promuovere soluzioni gratuite, corsi online, servizi come l’IFTS, ITS. Cerco di avere una scelta etica, segnalo sempre quando è qualcosa di promozionale, sono molto ligia. Quello che cerco di fare è dare accesso a possibilità che possano abbracciare più persone possibile e che possano dare un aiuto concreto.

Le chiedo che dritte possiamo dare ai giovani che usano i social, nell’eventualità che stiano cercando lavoro.
Non faccio la bigotta che dice “non devi mostrarti”: i social secondo me sono una piattaforma molto utile per portare alla ribalta una necessità, un disagio. Devi fare le tue valutazioni. Sono convinta che ognuno possa avere una libertà di espressione nella propria vita privata; chiaro che l’azienda non ha problemi a vedere che hai delle foto o dei video, certo se qualcosa va ampiamente contro i valori dell’azienda ci può essere una richiesta di mettere a posto semplicemente perché anche fuori tu rappresenti l’azienda, è delicato. Però il discorso è: cechiamo di capire che profilo professionale vogliamo mostrare e adeguiamoci di conseguenza.

Vado a gamba tesa su un tema tutto suo che può essere utile a tanti in questo periodo: cosa non va mai messo in un curriculum?
Tutto quello che non riguarda la selezione – mi dice sicura e senza un solo attimo di esitazione – si mette tutto in positivo: c’è stata un’evoluzione nel corso degli anni, si era partiti dall’idea del curriculum vitae proprio come definizione latina “il corso di tutti gli eventi della vita”, adesso è uno strumento orientato alla posizione, di conseguenza a cascata tutto quello che mi dà valore per una posizione per cui mi candido. Possiamo non dire, tralasciare o accorpare. Per capire come dobbiamo raccontarci in un curriculum: non abbiamo solamente un’identità, abbiamo una serie di competenze che possono essere modulate a seconda della candidatura.

Università, un mito da sfatare.
Le chiedo quanto è importante aver fatto l’università, visto che pare essere così importante avere professionalmente in mano il pezzo di carta.
Dipende da quello che devi fare, mi dice, l’università certe volte non vale tanto per la materia che studi, vale comunque la forma mentis – il pensiero critico.

Le chiedo il suo punto di vista sul problema domanda – offerta nel mondo del lavoro adesso.
Il mio punto di vista è nel mezzo, i social sono un po’ come una bolla di informazioni in cui sembra che tutti dicano le stesse cose, non è vero che esistono solamente persone che se ne approfittano, bisogna saper scegliere, ci vuole consapevolezza per capire come proporsi e anche nel capire che quando si va a fare un colloquio di lavoro lo stipendio è frutto di una negoziazione. Possiamo dire di no.
È chiaro che è una scala di valori, se noi abbiamo bisogno di lavorare sicuramene qualsiasi lavoro è lecito, se invece vogliamo crescere e raggiungere qualcos’altro dobbiamo cambiare anche il nostro atteggiamento. Quello che posso raccomandare alle persone che si stanno affacciando al mondo del lavoro è quella di valutare quando si fa un colloquio, non essere solamente riconoscenti, ma capire il proprio valore, quanto poter spingere ed abituarsi anche a rispondere “si grazie mi aspettavo…” quando magari stiamo negoziando un secondo, terzo tipo di lavoro dopo lo stage.

Chiudo questa chiama con Fabiana con una certezza: mi sto mettendo in curriculum tantissime interviste con persone interessanti che davvero stanno facendo molto soprattutto per i giovani e per il loro futuro.
Non so se avrò ancora l’occasione di mandarne di miei, di curriculum, ora che ho un’agenzia di comunicazione.
Ma una cosa è certa: mi sto abituando a guardare quello degli altri con occhi diversi.

Valentina Maran

Valentina Maran