mattia e legolize: su linkedin c'è dell'ironia.

Mattia Marangon, Founder di Legolize.

Intervista di: Valentina Maran

Mattia Marangon ha un accento da Spritz e incarna il sogno di chiunque faccia comunicazione: ha avuto un’idea brillante, facilmente replicabile nel tempo, da produrre a costo zero, e che può essere spesa sui social all’infinito. Aggiungeteci anche che è divertente da morire ed ecco fatto il progetto Legolize – i pupazzetti Lego che te la raccontano facendoti sorridere.

I temi sono davvero di ogni tipo: Legolize ha parlato un po’ di tutto, dalle pensioni ai sextoy, spaziando davvero per lo scibile umano. Il risultato è una community enorme, in continua espansione su ogni social, che risulta essere la più attiva su Linkedin in Italia.
Mica male per un progetto nata tra amici qualche anno prima della pandemia.
Io sono di Venezia, mi racconta Mattia adesso sono a Milano, Samuele è di Torino e Pietro di Catanzaro. Ci siamo conosciuti su Facebook nel 2016. La prima volta in cui ci siamo visti di persona è stato nel 2018.
La loro storia è nata su un gruppo Facebook, poi gli interessi comuni, la simpatia, il cazzeggio (che poi tanto cazzeggio non è), ed ecco prendere forma Legolize.

Mattia risponde subito alla mia curiosità e mi mostra come avviene la produzione: non aspettatevi una sala di posa: gli scatti Legolize vengono fatti su un tavolino, dentro a una shooting box di quelle che si prendono su Amazon e poi scattate col telefonino.

Ciascuno dei tre soci ha una postazione così con il medesimo set di personaggi.
Ciascuno dei tre, se ha un’idea, imbastisce il set, scatta e posta il contenuto sul loro gruppo di WhatsApp. Qui viene affinato e se funziona viene pubblicato.
Massima elasticità di ideazione e produzione.
Non c’è un tempo tecnico di realizzazione ipotizzabile – mi spiega Mattia – capita di risolvere il brief di un cliente in un attimo, invece altri progetti che possono sembrare facili, ti bloccano per giorni perché hanno mille paletti e l’idea proprio non viene.

Col tempo si sono divisi i ruoli: Mattia possiamo dire che è il front man- si occupa più della parte commerciale e del flusso mail coi clienti.

Tre teste e milioni di follower
Chiedo se producono e poi spammano il contenuto su tutti i loro social indistintamente.
Per il 99% quello che va su IG non va su Linkedin e viceversa – mi dice – Dopo magari c’è il contenuto che funziona bene su entrambe le piattaforme, per esempio ieri o l’altro ieri abbiamo pubblicato un contenuto che parla di andare in pensione. Quel contenuto funziona bene su entrambe le piattaforme perché è molto generico. Ma è un caso: il pubblico è diverso e si aspetta contenuti diversi.

Chiedo per curiosità se per ottimizzare le attività di Legolize hanno studiato una ipotetica concorrenza.
Ti sembro uno che studia i competitor io?! Mi dice Mattia ridendo – poi mi racconta che la sua esperienza è nata tutta dal fare:
non sono laureato, ho seguito un percorso di studi di marketing per conto mio, nel 2019 e alla fine i social e il digitale cambia talmente velocemente. Mi chiamano a parlare nelle università e io dico “ragazzi allora le università sono sicuramente un posto fondamentale per imparare i principi di base ma se volete lavorare nei social e a contatto con il digitale è necessario mettere le mani in pasta, perché gli algoritmi cambiano talmente velocemente, ci sono novità giorno in giorno, per imparare il nuovo cambiamento, la nuova funzione lo puoi fare solamene sperimentandolo in prima persona.”

Chiedo come viene gestita la relazione col cliente: viene preso il brief e poi? Vengono fatti Script? Bozzetti?
Quando un’azienda viene da noi si aspetta una serie di contenuti quindi noi abbiamo una prima fase di call nella quale andiamo a raccontare come lavoriamo, e andiamo a percepire innanzitutto il cliente, com’è, perché se non è allineato con noi siamo in una situazione in cui possiamo decidere di non lavorarci.
Dall’altra parte un’azienda viene da noi e vuole anche quello che offriamo, quindi per forza di cose ci devono lasciare carta bianca. Certo: valutiamo magari alcuni ritocchi, elementi di modifica, soprattutto quando andiamo ad usare una terminologia scorretta loro ci dicono cosa scrivere. Ci siamo resi conto nel corso degli anni che una persona che non è un creativo di Legolize, certi materiali non li capisce.
Se gli mandiamo un testo ci dice “no non mi piace”, invece se gli fai l’output finale della vignetta ti dice “così ci sta” e magari hai usato la stessa identica frase!
Il cliente ci dà il brief, idee, do, e dont’s per creare i contenuti, noi andiamo a creare già l’output esecutivo e glielo mandiamo per l’approvazione. Prepariamo già il prodotto finale tranne nella parte video, perché lì abbiamo un doppiatore esterno e quindi dobbiamo mandargli un testo già approvato.
Noi siamo full remote, non abbiamo niente di fisico e il doppiatore è a casa sua, è un professionista quindi ci manda i vocali da casa sua.

Mattia mi spiega com’è organizzato il flusso di lavoro con committenza e non:
Per le vignette organiche, quelle che vedi senza un brand, ognuno è indipendente: se mi sveglio con l’idea la faccio… non so… sto scorrendo Twitter, vedo qualcosa, mi viene l’ispirazione, mi metto, faccio la foto, lo script e poi realizzo il contenuto. Ci tengo a sottolinearlo: noi siamo creativi sì, però di base il nostro lavoro è essere dei copy. Noi facciamo testi, il Lego è solo lo strumento di comunicazione. Creiamo testi che devono essere sempre ottimizzati per essere il più d’impatto possibile.

La community: una grande costruzione
La curiosità più grande che ho riguarda la community: come fanno a gestirla?
Una volta si, nel periodo quarantena o fino ad un anno fa c’era il tempo e i numeri per farlo. Sai, un conto è gestire una community piccola. Da 100 mila o da un milione in su è ingestibile, ci sono dei messaggi privati in pagina a cui ogni tanto rispondiamo, sulla chat di Instagram ci arrivano centinaia di messaggi al giorno e la metà sono: “X ti ha taggato”. Questo tipo di segnalazioni vanno ad oscurare altri messaggi. A me dispiace tanto però dovremmo assumere qualcuno solo per rispondere. Darebbe un approccio diverso nei confronti degli utenti ma dall’altra parte è normale che sia così. La community la puoi coltivare one to one finché hai un certo numero di persone, quando comincia a diventare più grande è impegnativo e difficile. Un domani piuttosto assumo un creativo che mi fa i contenuti anziché qualcuno che risponda ai messaggi!
Quello che vorremmo fare (che in passato abbiamo già fatto) è la parte più offline: con Legolize abbiamo fatto una serie di eventi e abbiamo avuto molto feedback anche a livello personale. Hai un approccio più diretto, ti dà un impatto molto più forte anche se non puoi rispondere a tutti.

Gli faccio una domanda scomoda – io ho sempre il dubbio che i progetti, per quanto belli e interessanti e di ipotetica lunga durata, a un certo punto possano finire: potrebbe accadere a Legolize? Lui ha un piano B?
Potrebbe finire, niente è per sempre dicono i saggi, noi abbiamo avuto il grande merito di riuscire a non far finire il progetto, dall’altra parte siamo arrivati su LinkedIn e lì siamo la community più seguita in Italia e i primi a portare l’umorismo sulla piattaforma. La pagina in Italia ha l’engagement più alto su LinkedIn.
Può finire sì, ma se tu continui a seguire i cambiamenti, le nuove dinamiche social, gli algoritmi, non devi preoccuparti.
Qualche anno fa per noi fare i video era un’utopia, dopo abbiamo scoperto un plugin che fa muovere le bocche agli omini sui video. Ecco: diciamo che se rimani aggiornato e capisci tutti i cambiamenti, e soprattutto se arrivi in tempo a vedere i cambiamenti delle varie piattaforme, non corri rischi.
Attualmente non vedo i presupposti per finire, considerando anche la nostra community su LinkedIn. Adesso le persone mi dicono “vedo le vostre vignette su LinkedIn” non mi dicono Instagram.

Mattia è diplomato in informatica. Ne ha parlato in un TEDX molto interessante che ha tenuto tempo fa. Gli parlo del progetto STEAMiamoci di Chiara Cormanni, e di come mi abbia fatto simpatia vedere che sia andato da tutt’altra parte rispetto alle materie STEM e al futuro che pare assicurino rispetto ad altri studi.

Il consiglio che do sempre è che, guadagnare i soldi serve a tutti, io Legolize non l’ho aperto e ho detto: “tra un paio di anni e lo trasformo in un lavoro” io ho aperto Legolize mentre ero impiegato da un commercialista e soprattutto sono rimasto a fare quel lavoro per 4 anni finché il progetto non era abbastanza sostenibile o comunque non c’erano i margini per trasformarlo in un lavoro. Anche io ho fatto i miei sacrifici. Ho seguito quello che piaceva, non è da tutti. Un progetto come il mio che permette di fare quello che facciamo noi non è per tutti, anche proprio a livello statistico: è uno su mille, non è che domani dici “okay apro un progetto e ci faccio i soldi con i social”, non è così. Trovo sia fondamentale seguire quello che piace ad ognuno di noi.

Gli domando se ci sono clienti che proprio non prendono di principio.
Lui è drammaticamente sincero: Quelli senza budget!
Poi mi spiega più nel dettaglio: di base, abbiamo un modo di comunicare che presuppone il fatto che non ci siano particolari valori, nell’accezione positiva del termine, non facciamo discriminazione. Non abbiamo particolari limiti, possiamo comunicare quello che vogliamo, il nostro modo di comunicare è molto versatile, passiamo dall’azienda che vende telefoni a quella che vende le api o green tech. Abbiamo un raggio di azione veramente ampio, a meno che non sia un’azienda che proprio non ci piace.

Ci salutiamo. Lui e la schermata con la finta pergola giapponese che aveva sullo sfondo scompaiono insieme ai suoi ciao.

Forse dovrei chiudere il pezzo con una battuta sul fatto che Mattia è una persona tutto d’un pezzo, anzi, tutto d’un pezzettino. O con qualcosa relativo al futuro costruito mattoncino dopo mattoncino. Ma mi dico che con l’ironia è più bravo lui.
Io resto qui in attesa e penso che magari un giorno, quando avrà dei figli, prima o poi gli capiterà di girare per casa scalzo e mettere un piede su un mattoncino Lego.
Chissà in quel momento cosa penserà dei simpatici personaggi a cui tanto deve.
Io una mezza idea ce l’ho.

Valentina Maran

Valentina Maran