Intervista, Chiara Cormanni, FDO Blog

STEMIAMOCI: CON GLI STUDI STEM LE RAGAZZE CONTANO DI PIÙ.

Chiara Cormanni, Imprenditrice e Presidente Comitato Imprenditoria Femminile della Camera di Commercio di Milano.

Intervista di: Valentina Maran

Ho giurato a me stessa di non farle domande su figli e famiglia, e infatti me ne tengo alla larga, perché se c’è una cosa che ho sempre odiato è venire identificata prima come madre che come professionista. Chiara Cormanni mi stupisce subito raccontandomi che STEAMiamoci, un progetto nato in Assolombarda per sensibilizzare le ragazze a scegliere gli studi STEM per il loro futuro, è stato voluto da Carlo Bonomi (sì, quello!) presidente di Confindustria Nazionale che, mi dice, è molto attento al tema.

Quello di STEAMiamoci è un progetto a livello nazionale che coinvolge molti partner e affiliati. Ha avuto molto successo, mi spiega Chiara, perché in tanti hanno aderito all’advisory board dove adesso ci sono le prime linee delle più grosse aziende, associazioni e municipi come Roma e Milano, realtà da piccole a grandi e sia uomini che donne. Il progetto è adesso diventato a livello nazionale, e lo porta avanti Confindustria.

L’idea di STEAMiamoci è quella di aiutare le giovani donne ad avere consapevolezza di quelli che sono i ruoli delle materie STEM.
Non solo: entro il 2030 si prevede che le posizioni lavorative più richieste e remunerate saranno nelle materie STEM.
Questo secondo me è il modo più facile per andare a colmare e risolvere il problema della parità perché è molto immediato – mi dice Chiara – specializzandosi in queste materie si arriva ad avere un salario più alto, che di fatto è il vero grosso problema: il guadagno è la discriminante per decidere chi deve rimanere a casa quando arrivano dei figli, o quando si concretizzano delle difficoltà.

Chiara ha le idee chiare su come immagina l’organizzazione del futuro delle giovani donne: la parità passa prima di tutto dalla formazione e dalla volontà di tutti gli attori in campo di renderla davvero effettiva.
Sto portando avanti questo progetto anche in Camera di Commercio perché sono diventata presidente del comitato imprenditoria di Camera Di Commercio di Milano-Monza/Brianza e Lodi. È una grande opportunità perché lì ci sono tutti i rappresentati delle associazioni di categoria, tutti credono molto in questo progetto. Ci siamo resi conto chiacchierando che sicuramente il nostro contributo può aiutare.

Dal sito ho notato che si parla soprattutto alle giovani che stanno intraprendendo la carriera universitaria, e le domando quanto sia importante cominciare a parlare di questa opportunità anche durante altre fasi della formazione scolastica delle ragazze.
Questa formazione si deve anticipare, bisogna inculcarlo nella testa finché sono piccoli. Infatti un’altra battaglia che sosteniamo è quella di cambiare le immagini dei sussidiari dove il bambino è lo scienziato e la bambina no.

Con me sfonda una porta aperta: le cito “Dalla parte delle bambine” testo attualissimo di Elena Gianini Belotti che evidenziava il problema, e mi dice che si, c’è la volontà di ampliare la rappresentazione, ma spesso il limite è una questione di costi: per una casa editrice cambiare delle illustrazioni significa riadattare un testo e rimettere a processo una stampa.

Il progetto di formazione coinvolge anche le scuole- dalle elementari alle superiori.
Di solito è un lavoro che si fa in accordo con i comuni: ci indicano le scuole e noi proponiamo un percorso, – che spesso ci vede coinvolte in prima persona – in molti casi sono state stanziate decine di migliaia di euro di borse di studio.

Quello di Chiara è un impegno che concilia anche col ruolo nell’azienda di famiglia.
La PPinox è un’azienda dedicata alla meccanotronica.
Sono in azienda da 7 anni e la mia realtà non è discriminante verso le donne: sia io che mia sorella siamo molto attente, cerchiamo personale e assumiamo valutando un’equa presenza 50 e 50 tra uomini e donne.
Ci stiamo attrezzando perché in azienda tutto sia inclusivo, come ad esempio gli spogliatoi femminili.

Domando qual è stata la reazione dei colleghi maschi nel vedere inserire a organico delle donne in reparti di solito a unica presenza maschile.
Molto bene, anzi preferiscono lavorare con donne sotto certi aspetti: trovano che abbiano più metodo, che siano più precise.

In un suo intervento a INEVITABILE in Assolombarda – ha raccontato la difficoltà di gestire due diversi approcci al lavoro: le maestranze presenti in azienda da anni e l’ingresso dei giovani. Me lo riconferma ora:
Il nostro processo di digitalizzazione all’inizio non è stato facile ma con il tempo i collaboratori più anziani hanno capito l’importanza di questa cosa.
Faccio più fatica con i giovani – e qui mi dice una cosa che mi stupisce: – faccio fatica a trattenerli.
La nostra è un’azienda dove gli operatori sono molto specializzati, è impossibile trovare una persona già con le skill giuste, puntiamo molto sulla formazione, ma questo richiede tempo.
Non è un impiego faticoso a livello fisico però ci sono tante lavorazioni, bisogna imparare.
È molto importante anche il dialogo visto che lavoriamo in diversi settori molto differenti tra loro…
Un ragazzo è stato un paio di anni poi mi ha mandato un WhatsApp dove diceva che non se la sentiva più di venire. Così, dall’oggi al domani. Mi è davvero dispiaciuto. È un tema che mi sta molto a cuore perché continuo a credere nella formazione delle nuove leve. Farli appassionare a un lavoro di questo genere è difficile, ma io insisto! Riusciamo ad ingaggiare una fascia di 30enni che comunque hanno bisogno e hanno una famiglia. Mentre i giovani che magari non hanno bisogno di stipendio nell’immediato perché hanno la famiglia alle spalle non capiscono che non si ottiene tutto subito fanno un po’ fatica. Ma non mollo!

Chiedo come si amalgamano in aziende vecchie e nuove leve. Se questi due “mondi” comunicano.
Si compensano molto, – mi racconta – i veterani aiutano tanto i giovani, soprattutto quelli con voglia di fare: li formano, gli stanno dietro, c’è molta collaborazione. E i giovani li aiutano molto in altro, tipo nel capire come usare l’applicazione per prenotare i pasti e sbloccare i frigo monodose che abbiamo installato in azienda.

Le chiedo com’è stato per lei entrare in PPInox dopo aver fatto carriera all’estero. Soprattutto visto che è donna in un ambito così maschile.
Il mio ingresso in azienda, nonostante io abbia fatto molta esperienza fuori, non è stato facile, tanti davano per scontato che io fossi cresciuta a pane e acciaio!
Molti pensavano già che io avessi certe competenze che in realtà dovevo ancora imparare. Le persone mi hanno aiutata molto e adesso ho un bellissimo rapporto con tutti, seguo anche tutta la parte di risorse umane – in azienda non c’è nessun sindacato, cerco di avere un contatto il più diretto possibile con i collaboratori – ho iniziato a fare dei colloqui one to one e sono loro a chiedermi di essere valutati e misurati. Di avere degli obiettivi da raggiungere. Apprezzano il fatto che ci si renda conto di loro come persone. Del resto è merito loro se in questi anni abbiamo raggiunto tanti traguardi importanti.

Quella che mi riporta è la narrazione di un luogo di lavoro dove il dialogo è alla base della leadership.
Noi lasciamo molta libertà. Da noi lo smart working c’è ma preferiscono lavorare con noi, anche se io non dirò mai no a chi ha bisogno di lavorare da casa! Mi fido delle persone che lavorano con me, siamo tutti molto ingaggiati – anche loro sanno che far andare bene l’azienda è un valore per il bene i tutti.
Quando mio padre ha fatto 60 anni gli operai gli hanno regalato un orologio con la dedica. Sono dei piccoli gesti che ti fanno capire la riconoscenza reciproca. Noi siamo molto riconoscenti ai nostri dipendenti: senza di loro non saremmo qui!

Chiara ha il rispetto dell’altro nel DNA e questa sua attenzione trasuda da ogni aneddoto.
Anche per lei, come per tanti altri racconti che ho incontrato in queste interviste per FDO, gli stimoli nascono spesso dai nonni.
Infatti anche per lei la nonna è stata una figura chiave.

In 45 anni non siamo mai arrivati in ritardo un giorno con gli stipendi. L’ho imparato da mia nonna: non era la classica persona che ti faceva le torte: quando andavi da lei era lì con i bilanci! Qui ancora tutti se la ricordano. Lei ha sempre detto che gli stipendi andavano pagati in orario. È una questione di rispetto. Sono piccole attenzioni che nel rapporto umano contano: nessuno lavora per la gloria.

Le chiedo qual è la diversità nella gestione della leadership tra maschile e femminile.
La vera forza che io vedo nella gestione delle aziende è la diversità, un mix tra uomini e donne, siamo diversi e compensiamo i diversi aspetti dell’altro. Le donne sono più attente a certe tematiche – la sostenibilità, il sociale, l’attenzione ai dipendenti.
Abbiamo una visione diversa, si trova il giusto mix, questa è la regola del successo.

Ci salutiamo qui.
A casa la sera aiuto mio figlio con i compiti di italiano: a pagina 23 c’è un bambino che corre libero e dice che vuole fare per sempre la ricreazione mentre la bambina se ne sta in disparte e lo guarda passiva. Penso che sì, ormai sia ora di aggiornare questi benedetti libri e di raccontare le ragazze come protagoniste e non più come figure secondarie. Magari rappresentandole come manager di successo.
Se le case editrici non sanno come fare, c’è la bella storia di una certa Chiara Cormanni, che vale la pena raccontare. 

Valentina Maran

Valentina Maran