montserrat fernandez blanco fdo for disruptors only intervista valentina maran

MONTSERRAT FERNANDEZ BLANCO: "DISRUPTIVE È CREARE NUOVE NARRAZIONI CHE CI RENDANO PIÙ LIBERI"

Montserrat Fernandez Blanco, Co-founder RAME

Intervista di: Valentina Maran

Fallire è umano, raccontarlo lo è meno. Ma c’è una persona che rompe i tabù scomodi e ne fa scaturire narrazioni nuove. Conosciamo insieme Montserrat Fernandez Blanco.

Montserrat Fernandez Blanco e i grandi sbagli delle Fuckup Nights.

Quante volte hai fallito nella vita? Quante volte ti sei detto “ok, non funziona”?
Come copywriter, il mio personale elenco vanta una serie di capitomboli niente male: ho un fantastico licenziamento che mi ha fatta finire faccia a terra e alcuni articoli in cui mi dichiaro madre fallita e fallimentare e sono sincera: non ne faccio un vanto. Fallire è umano, ma negarlo lo è ancora di più.
Si, perché a nessuno piace dire “ho sbagliato tutto”.
Fallire è una vergogna, qualcosa da nascondere sotto lo zerbino dell’immaginario vincente di chi trionfa sempre.
Nessuno che ti dica come fallire bene, come cadere con stile, come capitombolare in modo memorabile.
Non sia mai.
Eppure c’è qualcuno che ha fatto del fallimento, della caduta, qualcosa su cui costruire una narrazione utile, caparbia e costruttiva nonostante la debacle.

Lei si chiama Montserrat Fernandez Blanco, è a capo di due attività molto particolari.
La prima è Fuckup Nights, una serie di eventi dedicati alla narrazione del fallimento – un format internazionale nato in Messico e che lei ha portato in Italia nel 2018 e RAME – la piattaforma che attiva conversazioni audaci sui soldi – anche qui, argomento scomodo o almeno imbarazzante, soprattutto se qualcuno apre la chiacchierata chiedendoti quanto guadagni o quanti soldi hai sul conto.
Ma andiamo con ordine.
Montse – così si fa chiamare – è la classica persona che convoglia energie. Lo senti già dalla voce.
È una specie di dinamo umana, di collettore di positività.
Quello che ama fare è rompere i tabù, e visto il successo delle Fuckup Nights, direi che ci è riuscita.

Tutti siamo dei falliti, – mi dice lei – fa parte della vita di chiunque. Il fallimento fa parte dell’esperienza umana. È normale. È un’esperienza che ci fa paura e l’abbiamo caricata di vergogna e colpa, non ne parliamo e soprattutto pensiamo di essere gli unici a cui è capitato.
Siamo attorniati da social che creano una dittatura della felicità e della perfezione; secondo me, invece, è bello narrare i tabù. Sarà perché ho studiato dalle suore fino a 18 anni e adoro tutto quello che è proibito raccontare!

Fuckup Nights: quando tutto va storto, dillo.

Tredici anni fa a Milano Montse ha speso tutti i risparmi che aveva per investire nella creazione del primo coworking; in quel luogo ha visto nascere e poi fallire molte startup.

– mi racconta – ho sempre sentito parlare solo del successo, ma poco o mai del fallimento. Così è diventato una mia fissazione. Con la creatrice delle Fuckup Nights Messico, abbiamo impostato anche in Italia questi incontri di narrazione.

Le chiedo di raccontarmi meglio che cosa muove le Fuckup Nights.
Si può imparare a fallire – mi dice – l’importante è raccontare la pluralità del fallimento.
Non si parla solo di fallimento imprenditoriale, quello l’abbiamo abbondantemente sviscerato. Abbiamo parlato di fallimento dal punto di vista di tutti i generi: abbiamo avuto serate solo femminili, del mondo LGBT o con figure anche culturalmente inaspettate. Abbiamo parlato di fallimento con scrittori, filosofi, giornalisti.
Uno degli incontri che hanno dato il punto di vista più inaspettato – mi dice – è stato quello con Andrea Zorzi, ex pallavolista che ha spiegato come la narrazione sportiva utilizzata per altri ambiti sia assolutamente tossica.
Questa idea del vincente e perdente, della lotta, è una narrazione che non può e non deve uscire dallo sport: se giudichi la tua vita e il tuo lavoro con quella narrazione ti fai solo del male.

Mi racconta che l’incontro che l’ha segnata davvero, tra i tanti, è stato quello con delle donne che hanno raccontato la loro sterilità e l’impossibilità di avere figli.
Loro hanno perfettamente capito quale meccanismo scatena il fallimento – mi spiega – se dici “Non riesco ad avere figli” la gente non sa stare nel tuo dolore, comincia a dirti che conoscono persone che hanno fatto esperienze simili ma poi ci sono riuscite… oppure scappano. Non riescono a stare lì. Non si è creato dello spazio per raccontare la sconfitta, la delusione. Facciamo fatica a restare nel dolore dell’altro.

Fuckup Nights, il valore della condivisione.

Faccio eventi da tutta la vita – prosegue Montse nel suo racconto – e quello che mi stupisce di FUN è che è molto catartico. Quando tu senti l’altro che racconta, ti immedesimi. E ti chiedi dove hai fallito tu. È molto liberatorio. Capisci che è normale, che non sei sbagliato. È importante dare la pluralità dei punti di vista: creare nuove narrazioni ci rende davvero liberi.

Le chiedo se ci sono ambiti che restano impermeabili alla narrazione del fallimento e dove proprio non c’è narrazione su questo.
I più rigidi – mi spiega – sono la finanza e la politica. Un politico soprattutto è disposto a raccontare che qualcosa è andato male solo se riesce a rivalutarlo in termini di costruzione subito dopo.
Nella scienza devi imparare ad accettare il fallimento. I progettisti, gli attori sono figure professionali che convivono spesso col fallimento. Ma a prescindere da questo, il peso che la società accumula sull’errore è davvero forte. La società ti identifica col fallimento.

RAME, i tabù e l’energia che ne scaturisce.

La incalzo proprio sul tema della finanza e su RAME – la sua piattaforma dove si mette a nudo la questione soldi.
Ho una passione per i tabù – mi spiega – e i soldi lo sono.
La scintilla è scattata anni fa grazie alla conoscenza con Paolo Galvani, di Money Farm ricordo che al termine di un evento molto bello mi disse “Montse, ti stai occupando dei tuoi soldi?” io lì per lì gli dissi – “Ma Paolo, ho troppe cose in testa non ho tempo per queste cose!”
Lui mi spiegò che soprattutto in Italia le donne spesso non gestiscono il loro denaro e lo fanno fare dai compagni o dal proprio padre. Lui mi disse “è uno scandalo: non riesco ad avere donne in Money Farm!” Da lì si è accesa la scintilla che ha dato forma a RAME.

RAME è nato con Annalisa Monfreda e Paolo Galvani. Inizialmente era un progetto culturale per rompere un tabù e dalla mia esperienza ogni volta che lo fai scateni tantissima energia e un mucchio di gente se ne vuole occupare.
Molti hanno cominciato a scriverci e fare delle domande. Hanno avuto subito fiducia nel progetto. Abbiamo compreso che c’era spazio per creare un prodotto e ora stiamo lavorando con la community per comprenderne le esigenze. Si sta formando l’empowerment finanziario.
Rame mi occuperà per un po’ di anni. Poi si vedrà.

Le chiedo se ha già nuovi progetti in caldo. Montse ride, ammette che ha già in testa un nuovo tabù da scardinare. Non me lo svela, ma ci sarà.

La saluto e chiudo la telefonata.
Non le ho detto che questo è il mio primo articolo per FDO e ammetto che sì, ho un po’ paura di sbagliarlo. Piacerà al pubblico? E soprattutto: piacerà a lei?
Poi mi faccio coraggio. Male che vada avrò materiale per una Fuckup Night: “quella volta che ho intervistato Montserrat Fernandez Blanco e ho sbagliato tutto”.

Sipario.

valentina maran

Valentina Maran