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GIULIA BARONI: "LE BOOBS., IL SIMBOLO DELLA MIA RINASCITA"

Giulia Lavinia Baroni, founder Boobs.

Intervista di: Giada Bellegotti

GIULIA BARONI: "LE BOOBS., IL SIMBOLO DELLA MIA RINASCITA"

Giulia Baroni è giovane, in carriera, talentuosa. Studia design del prodotto moda e appena laureata inizia una carriera scintillante da freelance nel fast fashion. «Ero giovane, avevo un bello stipendio tra le mani, giravo il mondo: India, Cina, America, Brasile», racconta. Davanti agli occhi vede scorrere disegni e chilometri di tessuti in un turbinio di collezioni che si susseguono una dietro l’altra velocissime.

Nessuno spazio per la sostenibilità. Ma a Giulia la sostenibilità interessa, eccome. È nata a Milano, dove la moda occupa la testa della gran parte delle persone che la popolano e dove, al contempo, si prova da anni a puntare tutto sul green. Impossibile non pensarci. Giulia fa anche un master sulla sostenibilità. Non a caso. «La mia vita mi piaceva, mi sentivo un po’ gipsy: la mia casa era il mondo, facevo ciò che amavo. Rimaneva solo quel piccolo grande tarlo che rispondeva al nome di SOSTENIBILITÀ, che spesso passava in secondo piano…».

Marzo 2020: scoppia la pandemia, il mondo si ferma.
Giulia è costretta a rimpatriare per non fare il lockdown in India. Il cliente la taglia fuori, Giulia è costretta a rivedere tutta la sua vita lavorativa. Il glamour lascia il posto allo smarrimento.
«Avevo bisogno di concentrare le mie energie su qualcosa di bello. Ho iniziato a fare una piccolissima collezione di costumi…», ricorda. Ed è nel periodo storico delle grandi incertezze che è nato Boobs. (www.boobswear.com) un marchio che ha il sapore della tenacia tipica solo dell’imprenditoria femminile.

Giulia, innanzitutto, cos’è Boobs.?
«Boobs. è il simbolo della mia nuova vita, la realtà imprenditoriale che racchiude tutto ciò che per me è importante: moda, sostenibilità, tenacia. inclusione. Faccio costumi, body jewels e intimo in inverno, quando il freddo ci costringe a mettere i costumi nel cassetto».

Com’è nata l’idea di Boobs.?
«Boobs. nasce come linea di costumi interi fatti su misura per chi, come me, ha sempre qualche difficoltà nel trovarne che calzino a pennello. Quando ho creato la mia prima collezione ho fatto qualche foto, ha messo su un sito, aperto le pagine social e ho cominciato a proporre 10 modelli. Alle clienti dicevo: “Ti piace? Mandami le tue misure, te lo faccio in modo che sia perfetto per il tuo corpo”. Così ho cominciato. Il riscontro è stato subito positivo e la collezione si è allargata, oggi anche con l’intimo e i body jewels».

Hai scelto un nome irriverente per il tuo marchio: in italiano significa “tette”. Non hai paura della sessualizzazione?
«È una sfida. È un nome molto BOLD, che può sembrare bizzarro. E sì, so che per gli uomini la prima associazione è quella con il porno: una credenza tutta italiana che sto cercando di scardinare. In realtà voglio semplicemente lanciare un messaggio, che suona un po’ come: “Hey, essere Bold, extra, è magnifico e qui c’è spazio per tutt*!”.

Parte del ricavato lo doni alla ricerca sul cancro al seno: hai trovato anche lo spazio per la beneficenza.
«Mi sono detta: e chi se non Boobs.? Per tutto l’anno, su tutti i prodotti, il 5 % sul ricavato va ad Airc, ad ottobre invece – visto che è il mese rosa della prevenzione – viene donato 5 euro per ogni prodotto venduto».

Ok, fin qui tutto molto bello. Ma alla fine, la sostenibilità?
«C’è eccome. Innanzitutto produco solo su richiesta e tengo uno stock di massimo 2 pezzi per ogni capo della collezione, così azzero ogni forma di avanzo. Poi ho tutte le materie prime, che cerco di prendere su Milano stessa, e realizzo solo nel momento in cui il capo mi viene ordinato. Non ultimo, uso solo tessuti di stock market, ovvero quelle rimanenze che nelle grandi produzioni andrebbero buttate».

Durante questa intervista sei a Santo Domingo: la voglia di viaggiare non l’hai persa. E oltretutto ora sì che viaggi e al contempo fai moda sostenibile!
«Sono una freelance, ho una mia attività e in più faccio consulenze: posso permettermi di scegliere da dove lavorare. E se ho bisogno di qualcuno su Milano ho il mio giro di artigiani sui quali contare. Odio dirlo, ma alla fine in un certo senso devo ringraziare il Covid: non fosse stato per quel maledetto virus non avrei mai avuto il coraggio di cambiare vita».

giada bellegotti

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