FOOD, TRA INNOVAZIONE E TRADIZIONE.

Parliamo di disruption nel food, con Edicola 2.0.

Articolo di Marzia Paganini (PR & Event Assistant, theZENagency).

Il Food tra innovazione e tradizione.

Appuntamento ai piedi del Duomo di Milano, il primo venerdì di ottobre, per parlare di Food Innovation, dove tradizione e innovazione si incontrano.

A moderare la tredicesima puntata di “Stakeholders – Milano fa comunità” con Edicola 2.0, Stefania Cattaneo e Roberto Race. Ospiti dell’incontro Isabella Lavezzari, partner Foresight Associati ed esperta di Diritto Internazionale, Egidio Alagia, founder di FDO – For Disruptors Only, Alfredo Zini, ristoratore e giornalista, presidente del Club Imprese Storiche Confcommercio Milano, infine Sergio Meazzi, candidato per i Riformisti al Consiglio Comunale.
L’innovazione sta contaminando (anche) il mondo del food, tanto da arrivare a parlare di Foodtech. Ma come conciliarlo con la cultura e la tradizione culinaria di questo paese?

Soprattutto nell’ultimo anno e mezzo, complici la pandemia e il lockdown, di innovazioni nel mondo del food ce ne sono state. Eccome. Pensiamo a quando i ristoranti sono rimasti con le serrande abbassate: tutti abbiamo provato a fare il pane in casa e a ordinare piatti già pronti con i servizi di delivery. Ma cosa c’è di positivo (se così si può dire) di questa esperienza?
Le piccole realtà familiari, che prima puntavano tutto sul rapporto one-to-one (o per dirla alla vecchia maniera, alla vendita diretta al cliente), si sono dovuti per forza di cose innovare e studiare una strategia per superare i problemi legati alla situazione. Sempre più imprese hanno iniziato a essere presenti anche in digitale, superando i confini tra offline e online, e diventare “onlife”.

Dei vantaggi di questa nuova realtà? Il primo è sicuramente farsi conoscere e aprirsi a un nuovo pubblico (che altrimenti non si sarebbe conosciuto) ed essere quindi competitivi sul mercato.
Poi saper sfruttare le possibilità che la contaminazione offre (ma capiamoci, con contaminazione intendiamo l’accezione positiva del termine). Tale contaminazione si crea dal network che nasce dalla connessione tra città. Il patrimonio enogastronomico italiano non può e non deve essere trattenuto nei confini del Bel Paese, ma espanso affinchè tutti possano conoscere e apprezzare ancora di più le eccellenze italiane. Milano nello specifico è gemellata con 15 città estere, ed è pronta ad essere il vettore di espansione della cucina italiana nel mondo.

Ma con troppa contaminazione non si rischia di perdere di vista la tradizione culinaria italiana?
Le risposte ce le forniscono proprio i nostri ospiti.

È importantissimo seguire due strade: da una parte valorizzare le piccole e medie imprese, il vero patrimonio del Paese, con una legislazione che riconosca le imprese storiche presenti sul territorio e dall’altra puntare al cambiamento ma senza dimenticarsi il punto di forza che caratterizza la cucina italiana (oltre ovviamente la bontà e la qualità delle materie prime): l’ospitalità, la convivialità e il piacere di stare a tavola.
Sembra insolito ma è proprio con queste caratteristiche, che ricordano i valori ricercati di tempo fa, che si fa spazio l’innovazione. Si è passati infatti dall’essere affascinati al mondo dei fast food, alla piacevole riscoperta del mangiare lento e consapevole, stando sempre più attenti a tematiche come eticità e sostenibilità. Perché come ha ricordato Egidio durante l’incontro “Non dobbiamo aver paura di abbracciare i cambiamenti. Ciò che ora percepiamo come tradizione una volta era innovazione. La tradizione passa dall’innovazione, si ha la necessità di cambiare per progredire”.

Marzia Paganini