LA MODA CHE VA DI MODA.

Qualche intervista ai protagonisti.

Articolo di Marzia Paganini (PR & Event Assistant, theZENagency).

LA MODA CHE VA DI MODA.

Che c’entra un evento sulla moda in una galleria d’arte contemporanea? Se la vostra risposta è poco, allora non ci avete seguito durante “DISRUPT IS THE NEW BLACK”. La location era Espinasse31 e a moderare l’incontro Alessandra Guffanti, Egidio Alagia e Riccardo Bovetti. E proprio quest’ultimo ha introdotto la serata con un monologo su un elemento che collega alla perfezione la moda e l’arte: il patchwork, quell’opera che nasce per assemblare vari pezzi di stoffa e che nell’insieme creano un corpo unico.

Ma si fa presto a dire moda. Se pensate che la moda sia soltanto l’ultima tendenza indossata da tutti o le modelle che sfilano in passerella vi sbagliate di grosso. Al giorno d’oggi alla parola moda sono collegati tantissimi altri concetti. La moda è la storia del brand, è riciclo, è economia circolare, è sostenibilità. Forse oggi l’estetica di un capo è passata in secondo piano, dopo l’attenzione dei materiali, la cura del processo produttivo e l’impatto che questi hanno sull’ambiente. La moda è anche guardare con ammirazione agli indumenti del passato e cercare di prenderne spunto per creare qualcosa che gli assomigli. Perché forse è proprio vero che la moda torna.

Ingredient branding, New Classic e Recycling sono stati i nomi delle tavole rotonde dell’evento.

Partiamo dalla prima. Si è parlato di Ingredient branding, cioè dei materiali che compongono i nostri capi. E se alcuni elementi ce li aspettiamo, come la seta, altri no. Siamo rimasti tutti stupiti quando abbiamo sentito che è possibile realizzare capi con fibre di marmo. Comprensibile: solitamente con marmo intendiamo un materiale duro e poco malleabile, invece la sturtup Fili Pari, formata da Francesca Pievani e Alice Zantedeschi, fa esattamente questo, capi il cui materiale principale è il marmo. E voi non siete curiosi di indossare il marmo?

Decisamente più convenzionale, come abbiamo detto poco fa, è la componente seta, il cui esperto all’evento è stato Silvio Mandelli. La sua azienda, specializzata da tre generazioni nella produzione di questa fibra, ha sviluppato e perfezionato un processo tecnico produttivo di alta qualità il cui prodotto finale è un capo completamente di seta.

L’ultima moda in campo di Ingredient branding? Essere attenti a ogni piccolo dettaglio. Come fanno Gabriele Mosso e la sua azienda, produttori di zip, lampo e cerniere. La produzione di questi accessori non solo deve essere abbinata al capo su cui va cucita, ma deve anche essere composte da un polimero ecosostenibile monomateriale semplice da riciclare.

Il secondo round table dal titolo “New Classic” ha visto protagonisti intimo femminile e vestiti per bambini, intimo in cotone e qualità Made in Italy. Indumenti che non passano mai di moda, degli evergreen che con qualche piccola modifica sono sempre attuali.

Che c’è di meglio di due amiche che decidono di creare un brand di slip? Forse la possibilità di personalizzarli con scritte simpatiche, divertenti e fantasiose. Anzi come dicono Elena e Sara, le due ideatrici, frasi volutamente birichine e con doppi sensi più o meno velati. Il brand prende ispirazione dall’intimo semplice che si usava qualche decennio fa. Il nome? “Shh… perché alcuni segreti sono troppo belli per rimanere nascosti”.

A parlarne di vestiti per i più piccoli abbiamo invitato Magda Grecchi di “La Stupenderia”, un luxury brand di capi per bambini dagli 0 ai 12 anni che punta tutto sulla produzione made in Italy, ma con dei market place nelle più famose capitali della moda di tutto il mondo. Quando chiediamo a Magda qual è il trucco per essere stimati e invidiati a livello globale ci risponde quanto è stato fondamentale il processo di digitalizzazione dell’azienda, dal sito web ai post sui social network. Il loro punto di forza rimane la qualità del tailor-made italiano. E questo tutto il mondo lo sa e lo brama.

L’evento si chiude con il round table sul Recycling, un trend che si sta allargando a macchia d’olio in molti ambiti, compreso il settore moda. Perché se prima il riciclo era considerato una pratica alternativa (e ammettiamolo, anche snobbata) all’acquisto continuo di nuovi capi, oggi viene vista sempre più come una necessaria attività per contrastare l’inquinamento che produce la filiera della moda, la famosa fast fashion.

Il riciclo è l’elemento base di un processo di acquisto responsabile che nasce da scelte etiche e morali precise.

L’esperta in questa tematica durante il nostro evento è stata Iris Skrami, cofondatrice della startup Renoon, la piattaforma che racchiude capi green ed eco-friendly. “Utilizzarla è semplicissimo – spiega Iris – ti basterà mettere i tag che sono più conformi alle tue scelte etiche e potrai navigare tra i capi di tutto il mondo che rispecchiano i tuoi valori”.

Seduti accanto alla sturtupper al tavolo recycling c’erano anche Silvia Paganini e Alberto Garbaccio. La prima, imprenditrice di terza generazione del Tacchificio di Villa Cortese, grazie all’uso della blockchain riesce a offrire sia un accessorio più sostenibile, sia a migliorare i processi produttivi. Alberto Garbaccio, ultimo ospite di “DISRUPT IS THE NEW BLACK”, si occupa di fibre di seta naturali e capi in cashmere. L’azienda in cui lavora, la Felice De Palma Snc, è da sempre attenta alla tradizione artigiana e per loro la filatura è una forma d’arte da realizzare con le più pregiate fibre made in Italy. Grazie alla cura che mettono nel processo produttivo, riducono l’impatto dannoso che hanno sull’ambiente.

Che altro dire, questa è la moda che oggi va di moda, questo è stato DISRUPT IS THE NEW BLACK.

Infine ringraziamo tutti gli spettatori presenti live all’evento e i relatori che ci hanno illustrato le realtà del loro fashion system.

MARZIA PAGANINI